Passa ai contenuti principali

Faccio tutto da solo

L'altra sera riunione di classe alla scuola materna. Uno dei temi principali: l’autonomia. Uno di quegli argomenti che accompagna la crescita del bambino fin dalla sua nascita.
Quando sono diventata mamma, credevo che l’autonomia sarebbe stato uno di quei punti da affrontare un po’ più in là, ma c’ho messo poco a scoprire che non è così. Tommaso me l’ha fatto capire subito, anche senza parole.
Come ci insegna il terapeuta infantile Jesper Juul, "il bambino è competente, attivo e interattivo fin dalla nascita, ha tutte le potenzialità per conoscere e muoversi in autonomia nel mondo che lo circonda: l’adulto deve semplicemente favorire questa esplorazione". (Jesper Juul, “Il bambino è competente”, Feltrinelli, Milano, 2003).
Per quanto mi è stato possibile o sarebbe più corretto dire, per quanto i miei superpigiapesti non mi hanno dato la possibilità di fare diversamente, a casa nostra ci siamo votati al principio dell’autonomia.
Per questo, quando a sei mesi Tommaso ha iniziato lo svezzamento, la nostra cucina si è trasformata in un campo di paintball. Non c’era verso di imboccarlo, perché lui doveva fare da solo.
Ero inesperta e avvilita: avevo aspettato lo scoccare dei sei mesi, non un cucchiaino di mela prima, perché solo allora avrebbe raggiunto la sua maturità alimentare e perché credevo che così tutto sarebbe stato più facile, ma ogni volta che ci mettevamo a tavola era una lotta. Non rifiutava il cibo. Assolutamente no. Rifiutava il cucchiaio.
Ho consultato pediatra e consultorio prima di arrendermi alla realtà che mio figlio aveva bisogno di sperimentare da solo il cibo: la conoscenza di questa nuova modalità di sfamarsi doveva passare attraverso le sue mani e le innumerevoli lavatrici o le infinite salviette utilizzate per raccogliere la gran parte del cibo che spargeva intorno a sé e anche oltre.
Gli addetti ai lavori erano concordi nel dirmi che così avrebbe amato il cibo e raggiunto la sua autonomia anche prima, ma io guardavo con invidia le mamme che riuscivano sorridenti ad imboccare il proprio figlio, con bavaglio quasi immacolato, mentre loro gli pulivano l’angolo della bocca leggermente sbavato. Mi chiedevo dove sbagliassi, quando qualche mamma perfettina mi diceva: “devi fare qualcosa se non vuoi che tuo figlio continui a mangiare con le mani come un indigeno anche quando sarà più grande”. Oppure sprofondavo di vergogna quando al ristorante provavo a calarmi nel ruolo di mamma con il figlio esemplare, ma Tommaso iniziava a urlare disperato perché il cucchiaio doveva tenerlo lui. Così lo lasciavo fare, sperando che nessuno ci guardasse, ma invece raccoglievo sguardi di disapprovazione, mentre ero piegata sotto al tavolo a raccattare gli infiniti chicchi di riso sparsi ovunque. Abbiamo passato mesi con il mocio accanto al tavolo, ma adesso Tommaso usa perfettamente le forchette e - quel che mi da più soddisfazione - mangia tutto.
L’ho assecondato quando non ha voluto più mettersi il pannolino, ma con la stessa cocciutaggine rifiutava il vasino e tratteneva la pipì per l’intera giornata, finendo per allagare casa proprio mentre allattavo sua sorella. Anche in questo caso pediatra ed educatrici mi hanno detto di aver pazienza. Aveva preso la sua decisione, dovevamo solo aspettare che capisse il meccanismo.
Da quando è nata sua sorella ha smesso di salire sul passeggino. Ha a stento accettato la pedana, prima che il monopattino diventasse il prolungamento dei suoi piedi.
Verso i due anni ha iniziato a lottare con decisione per non mettersi scarpe o magliette che non si sa perché non incontravano il suo gusto e non c’erano promesse di macchinine nuove o di gustosi gelati capaci di smuoverlo.
Aveva da poco compiuto tre anni, quando un venerdì sera qualunque ha deciso di buttare il ciuccio nella spazzatura. Credevo sarebbero stati una nottata e un week-end da incubo, ma quella sera si è addormentato beato come nulla fosse. E’ stato più traumatico il risveglio la mattina dopo e diversi altri risvegli nei giorni successivi, perché gli mancava il suo strumento consolatorio, ma con una dose di coccole in più ce l’abbiamo fatta.
Abbiamo vissuto in maniera simile le stesse tappe con Ludovica. Lei, con una furbizia tutta femminile, ha aspettato di essere capace di tenere in mano le posate, prima di dichiarare con estrema convinzione di voler fare da sola, risparmiandoci giusto qualche lavatrice. Quando ha tolto il pannolino non ha quasi mai mancato il vasino. Ma per il resto adesso è tutto un “faccio io” e una rincorsa a suo fratello.
Vi ho già raccontato di come sia testarda nel voler scegliere da sola le sue mise giornaliere e di come sia impossibile farle cambiare idea.
Faccio esercizi di respirazione tutte le mattine, cercando di non perdere la famosa pazienza, perché le pigia pesti vogliono lavarsi e vestirsi da soli e noi siamo sempre, immancabilmente, irrimediabilmente di corsa.

Educare significa fornire precocemente al bambino il massimo di autonomia” si legge in “Come educare i figli presto e bene” di Jacqueline Bickel, Graziella Baracchini Muratorio.
Credevo di essere sulla buona strada e invece le educatrici della materna l'altra sera hanno sollevato un tema accessorio a questo.
I nostri figli sanno fare tante cose da soli, ma alcune volte si intestardiscono, si innervosiscono e piangono. Devono imparare a fare da soli, senza sentire la pressione del nostro giudizio o della nostra fretta. Ma soprattutto devono imparare a chiedere aiuto, quando non riescono. E noi dobbiamo fornirglielo per aiutarli a imparare e non sostituirci a loro.

Solo così il bruco costruirà il suo bozzolo, gli si stringerà intorno e quando sarà pronto romperà l’involucro per stendere le sue ali e spiccare il volo lontano. Se noi interferiamo in questo sviluppo naturale, nonostante tutti i buoni propositi e le ottime intenzioni, potremmo impedirgli di avere ali abbastanza forti per volare via.

Così quando questa mattina Tommaso mi ha detto "Faccio tutto da solo, mamma. Sono grande, non ho bisogno di aiuto!" Non mi sono opposta e ho lasciato che si lavasse da solo, nonostante il ticchettio delle lancette. Ma c'ho tenuto a precisare: "Sei grande, amore mio, ma anche i grandi chiedono aiuto quando hanno bisogno. Perciò io sono qui e puoi chiedermi una mano se ti serve."

Commenti

Post popolari in questo blog

I colori delle emozioni

A casa nostra il momento preferito per leggere è indiscutibilmente quello prima di dormire. Il rito della buonanotte prevede che, dopo aver lavato i denti, i bimbi scelgano la favola da leggere , non senza diverse diatribe e discussioni. La maggior parte delle volte, le storie sono due, perché loro sono due, perché in quel momento ognuno vuole leggere il racconto che non sta leggendo l’altro, ma soprattutto perché ogni ragione è buona per posticipare il fatidico incontro con Morfeo. C’è un libro che piace molto a entrambi e quando uno dei due lo sceglie, riesce stranamente a mettere d’accordo anche l’altro. Si tratta de “I colori delle emozioni” di Anna Llenas, un libro pop-up che prova a fare ordine fra i vari stati d’animo in maniera creativa ed originale. Tutti noi, adulti e bambini, proviamo nel corso della vita diverse emozioni : gioia , rabbia , tristezza , paura . Ognuno di noi però le elabora e le gestisce in modo diverso. La capacità di individuare, riconosce

Slingback per tutte!

In questi giorni ero alla ricerca di un paio di scarpe eleganti ma non troppo, originali ma anche semplici, pratiche ma non sportive. Insomma: un’impresa! Ma quando si tratta di scarpe, non c’è missione impossibile che tenga. Noi donne sicuramente ne usciamo vincitrici e con una scatola di scarpe nella shopper! E così è stato anche questa volta. Sfogliando riviste di moda e buttando un occhio su internet, ho scoperto il ritorno delle slingback ! Innanzitutto ho scoperto il loro vero nome. Io le ho sempre chiamate Chanel , in onore dell’inimitabile Coco Chanel che le ha inventate poco più di 60 anni fa. Le scarpe con il tacco medio, chiuse in punta, aperte sul retro, sigillate da un cinturino sottile dietro la caviglia e realizzate per la prima volta all'epoca (correva l’anno 1957) in pelle bicolore: nero e beige, le nuance emblema della maison. Scarpa-icona Chanel bicolore (1957) Io ho almeno due slingback tra la mia collezione di scarpe: una è rosa cipria e l’altr

Ninnananna Ninna-o

I bambini sono abitudinari e costruire la routine permette loro fin da piccoli di interiorizzare lo schema della giornata e sapere cosa aspettarsi nel prossimo futuro. In questo modo si riduce moltissimo l'ansia del non sapere che cosa accadrà: per il bambino la routine è rassicurante , gli permette di sentirsi in un ambiente con delle certezze e delle costanti. La routine gli dà la sicurezza che i suoi bisogni saranno soddisfatti, così inizierà da solo a cercare nell'ambiente dei punti di riferimento spazio-temporali per orientarsi in maniera sempre più precisa e consapevole. Ok. Questa è la teoria. La capisco e la condivido e ho sempre cercato di scandire una routine per i miei bambini: la routine della pappa, quella del bagnetto e quella della nanna. O meglio, in linea di massima, cerchiamo di fare le cose nello stesso ordine e con tempi e modalità che si ripetono, ma non sono mai stata troppo rigida, perché ritengo anche che i bambini debbano imparare ad essere f