Dumbo è uno dei libri e dei cartoni animati preferiti dalle mie pigiapesti.
Così fin da quando hanno visto il trailer del nuovo live-action Disney la prima volta, non hanno fatto altro che chiedermi quando saremmo andati al cinema.
Ero preoccupata e curiosa allo stesso tempo.
Preoccupata perché le prime recensioni parlavano di una storia stravolta, come un po’ accade sempre quando c’è di mezzo il talento geniale di Tim Burton. Mi destabilizza sempre un po' quando la sceneggiatura di un film stravolge la storia del libro (o in questo caso, dell’animazione Disney), in più questa volta, temevo che fossero i bambini a non gradire eventuali differenze, soprattutto nel caso in cui fossero state difficili da spiegare. Ma Dumbo è anche uno dei miei cartoni preferiti, - quante volte l'ho visto con mio fratello che lo chiedeva a ripetizione! - e poi non potevo resistere alla curiosità di scoprire in quale mondo fantastico ci avrebbe condotto il genio visionario di Tim Burton, che anche questa volta non mi ha deluso, mettendo in scena una versione, se possibile, ancora più vicino alla dimensione dei bambini.
Quello che rende questo film molto diverso dal cartoon del 1941 è proprio il suo regista.
Il Dumbo originale era stato realizzato in tutta fretta per cercare di recuperare le perdite economiche di Fantasia, un capolavoro che all'epoca fu un flop. Durava solo 64 minuti, costò relativamente poco e incassò moltissimo, lodato dai critici.
Settantotto anni dopo Tim Burton, autore di film culto come Edward mani di forbice e Big Fish, firma quello che lui definisce "non un remake ma un sequel": di fatto la seconda metà del film - dopo che l'elefantino scopre di saper volare - è una storia tutta nuova e da scoprire.
Eppure questo non è l'unico tema: c'è quello della perdita e di come reagire ad essa. Dumbo perde la mamma e anche gli altri protagonisti del film hanno perso qualcosa.
Non voglio svelare nulla, ma è bello seguire il racconto in cui ognuno di loro riesce a superare la perdita e a ricostruire la propria storia.
I bambini non hanno mancato di farmi notare che alcuni passaggi non erano uguali al libro che conoscono praticamente a memoria, ma la cosa non è stata poi così tragica. Come sempre, loro sono più bravi di noi adulti ad accettare le differenze.
Ci sono personaggi nuovi, come i due bambini che riescono a creare un legame speciale con il l’elefantino, un villaggio dei sogni che sembra un paese dei balocchi e come esso nasconde insidie per i nostri amici.
Tommaso era stregato dalla piuma e Ludovica continuava a chiedermi quando Dumbo avrebbe riabbracciato la sua mamma.
Non vado avanti perché rischio di spoilerare troppo. Vi dico solo che il nuovo Dumbo è un film con messaggio di speranza e di amore molto delicato.
Non poteva che stregare tutti noi.
Così fin da quando hanno visto il trailer del nuovo live-action Disney la prima volta, non hanno fatto altro che chiedermi quando saremmo andati al cinema.
Ero preoccupata e curiosa allo stesso tempo.
Preoccupata perché le prime recensioni parlavano di una storia stravolta, come un po’ accade sempre quando c’è di mezzo il talento geniale di Tim Burton. Mi destabilizza sempre un po' quando la sceneggiatura di un film stravolge la storia del libro (o in questo caso, dell’animazione Disney), in più questa volta, temevo che fossero i bambini a non gradire eventuali differenze, soprattutto nel caso in cui fossero state difficili da spiegare. Ma Dumbo è anche uno dei miei cartoni preferiti, - quante volte l'ho visto con mio fratello che lo chiedeva a ripetizione! - e poi non potevo resistere alla curiosità di scoprire in quale mondo fantastico ci avrebbe condotto il genio visionario di Tim Burton, che anche questa volta non mi ha deluso, mettendo in scena una versione, se possibile, ancora più vicino alla dimensione dei bambini.
Quello che rende questo film molto diverso dal cartoon del 1941 è proprio il suo regista.
Il Dumbo originale era stato realizzato in tutta fretta per cercare di recuperare le perdite economiche di Fantasia, un capolavoro che all'epoca fu un flop. Durava solo 64 minuti, costò relativamente poco e incassò moltissimo, lodato dai critici.
Settantotto anni dopo Tim Burton, autore di film culto come Edward mani di forbice e Big Fish, firma quello che lui definisce "non un remake ma un sequel": di fatto la seconda metà del film - dopo che l'elefantino scopre di saper volare - è una storia tutta nuova e da scoprire.
Dumbo, l'elefantino con le orecchie grandi che sa volare rappresenta il simbolo della forza della diversità.
Un messaggio notevole da trasferire ai bambini. E in questa versione, Dumbo non è l’unico “diverso”, anzi è circondato da personaggi strampalati e stravaganti.Eppure questo non è l'unico tema: c'è quello della perdita e di come reagire ad essa. Dumbo perde la mamma e anche gli altri protagonisti del film hanno perso qualcosa.
Non voglio svelare nulla, ma è bello seguire il racconto in cui ognuno di loro riesce a superare la perdita e a ricostruire la propria storia.
I bambini non hanno mancato di farmi notare che alcuni passaggi non erano uguali al libro che conoscono praticamente a memoria, ma la cosa non è stata poi così tragica. Come sempre, loro sono più bravi di noi adulti ad accettare le differenze.
Ci sono personaggi nuovi, come i due bambini che riescono a creare un legame speciale con il l’elefantino, un villaggio dei sogni che sembra un paese dei balocchi e come esso nasconde insidie per i nostri amici.
Tommaso era stregato dalla piuma e Ludovica continuava a chiedermi quando Dumbo avrebbe riabbracciato la sua mamma.
Non vado avanti perché rischio di spoilerare troppo. Vi dico solo che il nuovo Dumbo è un film con messaggio di speranza e di amore molto delicato.
Non poteva che stregare tutti noi.
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